BRUNO CIAPPONI LANDI
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2018 - Pubblicazioni
 
Sondrio sotto la ferrovia mezzo secolo fa in "I Regiùr de Valtelina" n.5 - dicembre 2018 p.10-12, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Un'alta onda sonora. La stele mai uguale, in "La provincia settimanale" 14.04.2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Il centenario: due sacerdoti attivi nella Resistenza in "Centro valle" e in "La provincia settimanale" 21.04.2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Speciale manifestazione provinciale. 73° della Liberazione Sondrio 25 Aprile 2018, inserto in "Centro valle" e "La provincia settimanale" 21.04.2018, CIAPPONI LANDI Bruno e Fausta MESSA [a cura], , 2018, p.

Il ricordo. Sensibilità umana ed artistica. Addio a Lydia Silvestri in "La provincia" 21.01.2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Il geniale tramite tra la realtà locale e il mondo dell'arte. Addio a Lydia SIlvestri ... in , CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Che bello, questa volta ho sbagliato previsione in , CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Ricordi di via Fracaiolo in "i Regiùr de Valtelina" n.1 - gennaio 2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Enorme acume, enorme umanità, don Giuseppe Carozzi ...in "La provincia" sett. 24 marzo 2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Commento. Bettini, il libro sul Rosselli e quel "processo" da evitare, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Villa di Tirano. Motta in festa per don Armando, prete da 55 anni, in "Il settimanale della diocesi" del 22.3.2018 p. 29, BCL [CIAPPONI LANDI Bruno], , 2018, p.
 
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Il centenario: due sacerdoti attivi nella Resistenza in "Centro valle" e in "La provincia settimanale" 21.04.2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.

Camillo De Piaz frate dei Servi di Maria 1918-2010 nel centenario della nascita, CIAPPONI LANDI Bruno, , Sondrio 2018, p. 6

Quando Sondrio mi era sembrata la città delle suore in , CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Il regista scomparso e l'amicizia con padre Camillo De Piaz. "Io 'servo di scena' per Olmi. Ogni volta un vero orgoglio" in "La provincia" 9.5.2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Notizie varie, da p.353 a p.356 in , bcl [CIAPPONI LANDI Bruno], , 2018, p.
 
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Gli Zapèi d' Avriga, la secolare via di comunicazione Valtellina-Valcamonica, CIAPPONI LANDI Bruno, a cura, Società Storica Valtellinese, , Sondrio 2018, p. 4
 
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Donne in armi legate alla valle in , CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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[Angelo] Saraceno un grande manager dimenticato in "L'Ordine", 26 agosto 2018 p.3., CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Avversari e non nemici. Quello era fare politica [ricordo dell'on. Tarabini] in , CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Il banco lotto di via Cesura e la mia madrina Sandra, in , CIAPPONI LANDI Bruno, , Sondrio 2018, p.
 
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Personaggi da ricordare: Giovanni Battista Merizzi, in "I Regiur de Valtellina" settembre 2018 p.11-12, CIAPPONI LANDI Bruno, a cura, , 2018, p.

L'emigrazione valtellinese e valchiavennasca all'estero nel divenire degli studi e delle ricerche, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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L'emigrazione valtellinese e valchiavennasca all'estero nel divenire degli studi e delle ricerche, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Santucci e De Piaz i cattolici del dissenso, in "L'Ordine", inserto de "La provincia" di domenica 28 ottobre 2018, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Luigi Santucci nel convento ideale di Davide Turoldo e Camillo De Piaz, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Dalla valle al mondo, emigrazione sul web, in "L'ordine" del 2 dicembre 2018 p.3, CIAPPONI LANDI Bruno, , 2018, p.
 
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Grande occasione per una riscoperta.L'omelia della messa di mezzanotte all'Innocenti occupata nel 1975 in "L'Ordine" 23.12.2018, DEPIAZ Camillo, , 2018, p. 13
 
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Uno come me, che non fosse figlio di un operaio, e non avesse fatto, nella vita, le scelte che ha fatto, sarebbe facilmente tentato di dare a questa messa un carattere demagogico. Sarebbe, credo, offensivo nei vostri confronti, ed è un peccato di cui mi libero, in questo momento penitenziale della celebrazione, prima ancora di commentarlo. Questa sarà una messa che non avrà niente di diverso da quelle che si celebrano, in questo momento, in tante altre parti del mondo. Ciò non significa che non sia ben vivo in noi il sentimento che il luogo e il momento sono tali da dare alla nostra assemblea un carattere di particolare verità e giustezza. Lasceremo dunque che questa verità e questa giustezza agiscano da sole, senza bisogno di esibirsi, e, per così dire, di autocelebrarsi. Il natale fa emergere ciò che nella nostra vita di tutti i giorni rimane per lo più segreto, o dimenticato, o represso. Scopriamo quanto potremmo essere, quanto siamo diversi dalla maschera che la vita ci ha costretto ad assumere; ci specchiamo nell’infanzia, ritroviamo il gusto della fantasia e della meraviglia, scopriamo, o riscopriamo, il calore dello scambio e della comunione con gli altri, diciamo semplicemente che riscopriamo gli altri, e godiamo di essere noi stessi a nostra volta riscoperti e riconosciuti. E insieme agli altri, riscopriamo le cose, le cose della creazione e quelle prodotte dal lavoro e dalla fantasia dell’uomo: anch’esse, in qualche modo, sottratte al loro servaggio quotidiano, alla loro mercificazione, per essere restituite al loro valore originario, che è quello di essere, sostanzialmente, dei doni. Certo la nostra soggezione al richiamo consumistico, che si innesta come una piovra su questa nostra disponibilità, strumentalizzandola ai propri fini, che sono in definitiva fini di potere, insidia e minaccia paurosamente questo valore, snaturandolo. Ma ciò non fa altro che mettere ancora più in risalto la necessità di rivendicarlo. Tutto questo emergere, questo rivelarsi, questo riscoprimento e ritrovamento (di noi, degli altri, del mondo) sarebbe un po’ ipocrita, o comunque ingannevole, se non significasse anche presa di coscienza di quanto siamo infedeli a questa immagine, cioè infedeli alla nostra più profonda verità. Di quanto nel mondo, nella vita di tutti i giorni, e anche in questi stessi giorni, il Natale sia offeso e tradito, tradito con l’aiuto della nostra complicità, che può essere soltanto il nostro silenzio e la nostra indifferenza, quando non sia qualcosa di più. Sono tutti motivi per un profondo, individuale o collettivo, esame di coscienza, una coscienza anch’essa illuminata dalla luce serena e sempre nuova del mistero - mistero ed evento - che stiamo celebrando. Al Vangelo: Alla lettura del racconto che ci restituisce la nascita di Gesù, con le semplici parole di un Vangelo - quello di san Luca - di cui l’uso millenario non è riuscito a scalfire l’incanto, un Vangelo che conosciamo fin dall’infanzia, e che appartiene al regno segreto delle nostre emozioni più gelose e più care, a questa lettura, e a quelle che l’hanno preceduta, non sarebbe forse necessario far seguire alcun commento, tanto esse parlano da sole ai nostri cuori, resi trasparenti e permeabili dall’atmosfera inconfondibile di questa notte. Come chiameremo allora queste poche parole: parole di augurio? Un augurio, però nel quale ci siano tutte quelle cose, altrimenti indicibili, che sono suggerite da una solidarietà non semplicemente improvvisata o soltanto emotiva, dal sentimento di una comunanza di destino umano - e per noi anche religioso - dal quale ci sentiamo - e tanto più in un momento come questo, ma non solo in questo momento - reciprocamente legati. Natale è giorno e tempo di doni (per me, per esempio, è stato un dono essere stato chiamati qui). Ma è anche, innanzitutto, soprattutto, essenzialmente, un dono esso stesso. Il dono che Dio fa - non di una grazia, non di qualcosa di esterno o di contingente - ma di se stesso agli uomini. Ciò vuol dire che è lì, fra gli uomini, che d’ora in poi Dio va cercato, riconosciuto, adorato, non altrove, non chissà dove. Oggi Dio si fa uomo, Dio si fa carne, Dio si fa umanità. Ora, se è così, che cosa possiamo augurarci, reciprocamente - e forse più voi a noi - in questa notte, in questo luogo, se non di essere all’altezza del destino e delle responsabilità a cui questo dono ci chiama, esserne all’altezza e corrispondervi come individui e come collettività. Voi, del resto, non avete bisogno di esortazioni in questo senso. Che senso ha la vostra lotta se non quella di rivendicare - per voi e per chiunque altro ne patisca la privazione - quella pienezza di umanità che significa la presenza di Dio fra uomini e nell’uomo? Guardiamo il modo che Dio sceglie: egli si rende visibile sotto la forma di ciò che v’è al mondo di più inerme e di più fragile: un piccolo bambino. Come a dire: non è dove il potere celebra i suoi fasti che bisogna cercarlo. Un piccolo bambino destinato però a crescere, a dire certe cose, a farne certe altre, ad essere perseguitato e messo a morte dai potenti del mondo, a vincere per noi la morte, a toglierci di soggezione. Dio viene a noi, dio si fa nostra carne e nostro sangue, nostra storia: riconoscerlo, accoglierlo, e lasciarci la lui trasformare in Figli di Dio, cioè in creature liberate: questo, e non altro, è per noi il Natale. Lo diciamo adesso, lo diciamo in questa notte e in questo luogo, per ricordarlo in ogni istante della nostra vita.
 



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